Nel corso del dibattito si è trattato il tema mascolinità tossica, cioè di un insieme di comportamenti e piccoli gesti quotidiani che alla lunga possono sfociare in vera e propria violenza agita. Gli esempi sono molti, dai commenti agli insulti a sfondo sessuale, alla difficoltà di molti uomini di accettare i rifiuti, al tema del potere e del possesso della donna. Ma da dove arrivano questi comportamenti e perché sono così difficili da abbandonare?
Ebbene sia Gasparrini che Priulla hanno chiaramente richiamato la potenza e pervasività degli stereotipi, in particolare quelli di genere. Lo stereotipo in generale ci aiuta nel dare una lettura della realtà ed è in qualche modo assimilabile ad una scorciatoia del pensiero, una chiave che ci consente di leggere la società. Gli stereotipi di genere sono tra i più antichi, d’altronde la divisione e classificazione più evidente tra essere umani è quella tra uomo e donna ed è una divisione difficile da decostruire.
Andando indietro nei secoli, gli stereotipi al femminile ci rimandano una visione subalterna e sminuita della donna, legata alla cura della casa, alla maternità e all’accudimento. A ben guardare tuttavia, anche la mascolinità è oggetto di stereotipia e risponde a determinate caratteristiche come ad esempio la competitività e l'aggressività, la proiezione verso la realizzazione di obiettivi di successo sociale.
L’esistenza degli stereotipi è poi ampiamente rappresentata nella lingua, tipico l’uso al maschile delle professioni, e nei modi di dire, addirittura negli insulti e nelle parolacce. I mass media, ma anche il cinema e la pubblicità, ripropongono a loro volta questa visione schematica dei generi, così corroborandone la forza. Gli stereotipi diffusi diventano schemi di comportamento con cui confrontare la propria identità di genere e questo vale tanto per le donne che per gli uomini. Ma gli uomini sono contenti degli stereotipi che pretendono di descrivere la loro mascolinità? Si tratta di modelli di comportamento in cui trovare serenità e appagamento nelle relazioni? Gasparrini ci fa riflettere sul fatto che gli stereotipi diventano delle gabbie anche per gli uomini. La visione patriarcale che esprimono consente sì di mantenere un maggiore potere, ma non necessariamente questo corrisponde ad una maggiore soddisfazione o felicità.
Graziella Priulla ricorda infine come le leve principali del cambiamento siano l’educazione, proposta dalle famiglie ma anche dalla scuola, e la comunicazione. In particolare i mass media che attraverso la descrizione della realtà, l’uso di un linguaggio più paritario e meno stereotipato, possono contribuire in modo sostanziale ad un cambio di passo nella visione dei generi e l’abbandono di quegli atteggiamenti e comportamenti che preludono alla violenza di genere.
Cosa ci portiamo a casa dopo questo incontro? La consapevolezza che fintanto che si pone la questione dei rapporti tra generi come una questione di potere non si uscirà dagli schemi antichi. Bisogna piuttosto che uomini e donne, facendo ricorso alla propria responsabilità individuale oltre che sociale, mettano in discussione gli stereotipi che li ingabbiano in comportamenti che non necessariamente li rendono felici.
E’ possibile rivedere il dibattito sulla pagina facebook @sciopero femminista e @comundobellinzona oppure sul sito della rete Nateil14giugnodella rete nate il 14 giugno.