Il Comitato docenti VPOD chiama tutti alla mobilitazione!

Le condizioni previdenziali costituiscono un fattore determinante del contratto di lavoro, unitamente alla retribuzione e all’onere lavorativo: perciò questi fattori non dovrebbero subire continui deterioramenti rispetto al momento della stipula.

Malgrado ciò il nostro datore di lavoro, lo Stato del Cantone Ticino, via i suoi rappresentanti in Consiglio di Stato e in Gran Consiglio, ha peggiorato le nostre condizioni contrattuali durante un trentennio per una trentina di volte.

Per quanto attiene alla remunerazione citiamo:

- reiterati mancati adeguamenti salariali al carovita per un totale cumulato pari circa al 5%;

- numerosi blocchi degli scatti di anzianità (l’ultimo nel 2018 con l’entrata in vigore della nuova scala salariale);

- dal 1997 al 2014 due classi salariali in meno per i neoassunti senza recupero dell’anzianità di servizio (solo per noi docenti).

Queste misure si ripercuotono durante tutta la carriera professionale e oltre: a dipendenza dell’anzianità di servizio le perdite individuali si situano nelle decine e persino nelle centinaia di migliaia di franchi.

Questo è il contributo (precisamente quantificabile) che ogni docente ha dato per il risanamento dei conti cantonali e possiamo affermare senza timore di essere smentiti che a nessun altro nostro concittadino è stato chiesto altrettanto.

A ciò si dovrebbero aggiungere i numerosi contributi di solidarietà e di risanamento trattenuti dai nostri salari e l’aggravio di un’ora lezione ai docenti cantonali nel 2004, ciò che corrisponde a una decurtazione salariale del 4% circa.
Per quanto riguarda la previdenza, stessa solfa. Dopo reiterati peggioramenti nel 2013, con la nascita dell’Istituto di Previdenza del Cantone Ticino (IPCT), vi è stato il passaggio dal sistema in primato delle prestazioni a quello in primato dei contributi: chi fra noi è nato dopo il 1963 ha visto le sue prospettive di rendita diminuite di colpo del 20%, a cui va aggiunto il prelievo del contributo straordinario di risanamento fino al 2051 corrispondente all’1% dello stipendio assicurato e dal 2021 la riduzione delle Rendite vedovili in aspettativa.

Non bastasse, gli averi di vecchiaia individuali ci sono stati sempre remunerati al minimo LPP (1%), quando la media pluriennale del rendimento del patrimonio della Cassa è stata superiore al 4%: centinaia di milioni di franchi tolti dai nostri conti per risanare l’Istituto.

Ciliegina sulla torta: IPCT ci informa che a decorrere dal primo gennaio 2024 vi sarà una riduzione del Tasso di conversione e che la diminuzione avverrà in modo scalare, per scendere dall’attuale 6,17% al 5%; significherebbe, per quelli di noi assicurati in primato dei contributi, un’ulteriore perdita previdenziale di circa il 20%.

Riteniamo che qualsiasi riduzione del tasso di conversione senza compensazione totale delle perdite a carico del datore di lavoro, in un contesto in cui per tutta una generazione è già previsto un grave degrado delle condizioni pensionistiche, sia inaccettabile. Le disparità nelle condizioni contrattuali tra i dipendenti/affiliati nati prima del 1963 e quelli nati dopo sono già oggi tanto macroscopiche quanto ingiustificate.

Sappiamo che l’IPCT ha un grado di copertura basso, ma non ne siamo responsabili.
Sappiamo pure che la Cassa è ben gestita, con rese del capitale superiori alla media degli istituti nazionali e costi di gestione assai contenuti. Un problema deriva sicuramente dal fatto che l’IPCT può decidere sulle prestazioni erogate, ma non sul loro finanziamento che è di pertinenza del datore di lavoro, dunque del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio.

Gli ammanchi degli enti previdenziali sono stati la norma in Svizzera e in Ticino: ovunque i datori di lavoro e gli affiliati hanno contribuito al loro risa- namento. Così è stato anche per l’Istituto di Previdenza del Cantone Ticino, almeno fino al piano di risanamento entrato in vigore nel 2013. Da allora lo Stato ha scaricato tutti gli ammanchi sulla cassa, ossia sui suoi affiliati attivi, e recentemente ha pure rifiutato la richiesta proveniente dalla medesima di coprire almeno il maggior costo delle garanzie volute dal Parlamento del Cantone al momento del passaggio dal primato delle prestazioni a quello dei contributi (500 mio a fondo perso rifiutati e trasformati in 700 milioni di anticipo della Riserva dei contributi del datore di lavoro con interessi e rischi a carico della Cassa, dunque di noi affiliati).

Chi afferma che abbiamo condizioni previdenziali lussuose mente sapendo di mentire: già ora la nostra cassa chiede contributi maggiori e ci offre prestazioni inferiori rispetto, ad esempio, a quella dei dipendenti della città di Lugano o a quella dell’Ente ospedaliero cantonale. A testimoniare l’infondatezza dei supposti privilegi basterebbe citare la recente uscita da IPCT per confluire in istituti previdenziali privati dei comuni aggregati di Bellinzona e Mendrisio con il beneplacito delle assemblee del personale ...

Le richieste
Alla luce di queste inconfutabili constatazioni, il Comitato docenti VPOD si fa portavoce dei suoi affiliati che si sono espressi nelle assemblee e di tutti i docenti che hanno preso e stanno prendendo posizione tramite i Collegi e chiede:

1. al Consiglio di Stato di fornire i mezzi finanziari necessari all’Istituto di Previdenza del Cantone Ticino affinché questo possa rinunciare all’annunciata riduzione del Tasso di conversione o, in via subordinata, chiede all’Istituto e al proprio datore di lavoro di trovare soluzioni atte a garantire la copertura e la stabilità dell’IPCT senza peggiorare ulteriormente le condizioni salariali e previdenziali dei propri dipendenti/assicurati e dei futuri pensionati;

2. al Consiglio di Stato e al Parlamento di correggere urgentemente l’Art. 12 della LIPCT specificando come il mancato adeguamento delle rendite al rincaro fino al 15% cumulato sia da applicare solo ai detentori di rendite in primato delle prestazioni.

Mobilitazione e motivazioni
Segnaliamo ai nostri affiliati che in qualità di rappresentanti sindacali siamo pienamente coscienti della centralità del tema.

Sosterremo le trattative in corso con il datore di lavoro con la mobilitazione del personale, ma se queste dovessero fallire siamo pronti ad indire lo sciopero come ci è stato espressamente richiesto da numerosissimi affiliati: meno 40% della pensione in dieci anni non è immaginabile!

Diversi docenti ci hanno informato che stanno riflettendo su misure individuali drastiche, quali l’autosospensione temporanea dalle candidature spontanee per compiti speciali quali l’organizzazione e la gestione dei Lavori di Maturità, delle Docenze di Classe, nonché dall’assunzione di ruoli quali Coordinatore del gruppo disciplinare, Rappresentante di gruppo disciplinare all’interno dei gruppi interdisciplinari di sede, Rappresentante di sede in qualsivoglia gruppo di lavoro cantonale, ...

Pur non scartando per il futuro l’organizzazione e l’invito ad aderire a queste forme di lotta, preferiamo per il momento sperare che la lucidità del nostro datore di lavoro ci eviti di dovervi fare ricorso.

Il messaggio che ci ha inviato la nostra base è chiaro e lo condividiamo totalmente: siamo docenti, amiamo il nostro lavoro, lo facciamo con passione e continueremo a farlo con il massimo impegno. Siamo però professionisti, non missionari, e come tali esigiamo essere trattati.

Vogliamo tutelare i nostri interessi personali, ma anche quelli di tutta l’economia cantonale che risentirebbe negativamente di un vero e proprio impoverimento di 16’500 futuri pensionati (tanti sono gli affiliati attivi all’IPCT, ciò che corrisponde all’incirca al 7% di tutti i posti di lavoro presenti sul suolo del Cantone) che vivono e spendono in Ticino: chiediamo un vero e duraturo sostegno all’economia locale.

Lo facciamo anche per i nostri studenti e per i giovani ticinesi in generale, affinché non siano obbligati ad emigrare per poter ottenere un salario e condizioni contrattuali dignitose in cambio del loro lavoro. Per gli stessi motivi invitiamo tutti i docenti e tutte le altre categorie professionali affiliate alla Cassa a mobilitarsi: agenti di polizia e di custodia, impiegati dell’amministrazione cantonale, collaboratori dell’organizzazione sociopsichiatrica, delle cure a domicilio, delle case anziani, dei comuni, ... tutte professioni essenziali al buon funzionamento della società e che pertanto meritano il giusto riconoscimento, anche contrattuale. Siamo tanti, ognuno con la propria rete familiare e sociale: vinciamo la ritrosia a parlare dei nostri lavori e della loro importanza; non siamo una voce di spesa e tantomeno fuchi, parassiti, privilegiati.

Invitiamo tutti i cittadini a sostenerci in questa nostra battaglia che è anche la loro: per il rilancio della nostra società serve porre fine al dumping contrattuale. Lo Stato, primo datore di lavoro cantonale, deve dare l’esempio.