In un mio viaggio in Cisgiordania nel 2015 ho avuto occasione di visitare molti villaggi e città palestinesi, discutere con molte persone, com- prese persone israeliane impegnate in missioni di pace. La realtà che mi hanno descritto e che ho potuto constatare personalmente è terribile: la popolazione palestinese è soggetta ad angherie e soprusi di ogni genere, quotidianamente. Ogni settimana, dal mio viaggio fatto in aprile 2015, ricevo aggiornamenti su quanto succede nei territori occupati: continui attacchi, violenze, distruzioni di abitazioni, occupazioni abusive, eccetera: una realtà terrificante. È difficile anche solo immaginare il grado di sopportazione di fronte a tutto ciò.
Nel maggio scorso il New York Times ha pubblicato un rapporto sull’occupazione israeliana in Palestina e ciò che descrive è terribile. Quanto è successo a Gerusalemme e che è stato il pretesto per i bombardamenti, non è che la continuazione di ciò che succede quotidianamente. Cito dall’articolo del NYT: “Anche in periodi apparentemente tranquilli, quando il mondo non presta attenzione, i palestinesi di tutti i ceti sociali sperimentano abitualmente impossibilità esasperanti e piccole umiliazioni, controlli burocratici che costringono a scelte angoscianti e la fragilità e la crudeltà della vita sotto il dominio militare.”
“Le storie personali sono sempre dolorose” -ha ammesso un funzionario dell’autorità palestinese- ma il quartiere palestinese “sembra il Terzo mondo”. Durante i vari incontri ho anche chiesto se le dimostrazioni di solidarietà sono utili, anche se non hanno effetti diretti sulla realtà. Mi è stato risposto che per i Palestinesi sentire che vi sono sostenitori della loro causa e che c’è partecipazione alla sofferenza del loro popolo è molto importante e contribuisce a far continuare la loro lotta quotidiana e a non farli sentire isolati.