Negli ultimi vent’anni, le varie riforme della legge tributaria e i pacchetti fiscali che hanno ridotto le aliquote sul capitale e l’imposta sugli utili, hanno avuto come conseguenza importanti riduzioni delle risorse pubbliche. Gli sgravi decisi dal 1997 al 2005 provocarono una minore entrata annua per il Cantone di 207 milioni. Si sono così svuotate le casse per poi andare a giustificare tagli a scapito della popolazione.
Seguendo la dottrina neoliberista l’obiettivo dei promotori degli sgravi è sempre quello del “meno Stato e più mercato” riducendo la spesa pubblica per favorire unicamente una parte dell’economia privata. Ma il minor carico fiscale di cui hanno beneficiato le imprese e i contribuenti facoltosi non ha portato a significativi investimenti nel territorio cantonale. Quanto risparmiato grazie agli sgravi è finito nei mercati finanziari e speculativi. Il tessuto economico ticinese si è così impoverito, siccome è venuto a mancare il sostegno del settore pubblico a seguito dei tagli che lo Stato e gli enti locali hanno dovuto effettuare.
Dal 2008 al 2015, in Ticino le aziende sono passate da 20'000 a 38'000, eppure cresce la povertà, la sotto-occupazione e il numero di persone che necessita l’assistenza. I salari in alcuni settori diminuiscono da anni. L’ideologia degli sgravi ha contribuito a produrre un’economia nella quale troppe imprese si basano sulla possibilità di beneficiare di riduzioni fiscali senza essere in grado di offrire salari dignitosi per vivere in Ticino. Creando lavoratori poveri che devono ricorrere agli aiuti sociali per poter arrivare alla fine del mese. Aiuti sociali che però continuano a diminuire. Negli ultimi quattro anni si sono tagliati 30 milioni nelle misure a favore delle fasce più deboli della popolazione. Dagli assegni integrativi ai sussidi di cassa malati.
Unione sindacale Ticino e Moesa