La vittoria del SÌ avalla purtroppo un metodo di risanamento finanziario ingiusto e poco rispettoso della legalità. In effetti l’art. 34 ter della Costituzione cantonale invita ad un approccio equilibrato e l’art. 31d della Legge sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato impone che si faccia un Piano di riequilibrio, che agisca sulle spese e sui ricavi. Ad es. nella manovra di risanamento delle finanze del 2019 le riduzioni di spesa sono state il 48% ed i maggiori ricavi il 52%. Escludere ogni aumento delle entrate, come fa il Decreto, è ingiusto, perché ai ricchi non viene chiesto nulla, mentre tutti i sacrifici pesano sulla maggioranza della popolazione
Ricordiamo che la situazione finanziaria cantonale è legata anche ai buchi lasciati dagli sgravi fiscali “senza rete” degli ultimi 25 anni, pari a 300-400 mio Fr di minori entrate annue e che, come sottolinea come l’ultimo Rapporto sulle finanze pubbliche dell’Istituto di ricerche economiche, il Ticino ha spese complessive cantonali e comunali sotto la media svizzera, malgrado salari più bassi, tassi di povertà più alti e una popolazione più anziana della media svizzera.
Migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’intervento cantonale e comunale è un dovere, ma per far questo occorre agire con progetti puntuali di razionalizzazione che coinvolgano i due livelli: e non imponendo al Governo di fare del forbicicchio sulle spese cantonali.
Dopo il voto del 15 maggio le 22 associazioni, sindacati e partiti del Comitato referendario dovranno pertanto battersi ancora contro l’agire neoliberista della maggioranza parlamentare e contro le eventuali decisioni ingiuste che saranno prese il Governo.