Mind the gap - attenzione al divario

Da: Giulia Petralli, sindacalista VPOD Ticino

Il “Nobel dell’economia” 2023 è stato assegnato alla storica dell’economia Claudia Goldin dell’Università di Harvard. Il suo lavoro ha contribuito a spiegare perché le donne sono state sottorappresentate nel mercato del lavoro per almeno gli ultimi due secoli e perché ancora oggi continuano a guadagnare in media meno degli uomini (circa il 13%, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

Mind the gap - attenzione al divario

Sebbene l’esistenza delle disuguaglianze tra uomo e donna siano ampiamente riconosciute, raffigurano ancora un rompicapo per i modelli economici, perché non sono solo un’ingiustizia, ma rappresentano soprattutto un’inefficienza del mercato. Le donne sono infatti sotto-pagate, sotto-impiegate e ancora sotto-incentivate nella forza lavoro, anche se nei Paesi ad alto reddito hanno in genere un livello di istruzione superiore a quello degli uomini.

Grazie ai suoi studi sul gender gap (divario di genere) e sul pay gap (divario nelle retribuzioni), Claudia Goldin non solo si è aggiudicata il Nobel, ma ha anche permesso di dare una credibilità maggiore a tutti quei gap (divario) con cui le donne si trovano confrontate nell’arco della propria vita. Sì, perché oltre al gap del gender, che racchiude un po’ tutto, e a quello della retribuzione, le donne sono confrontate anche con il dream gap (divario nei sogni), ovvero quel fenomeno secondo cui “se non lo sogni non lo desideri”. Influenzate da ciò che vedono nella società che le circonda, le giovani donne tendono infatti a fare scelte educative che non sempre riflettono le aspettative di carriera a cui potrebbero ambire. Non avendo un modello a cui ispirarsi (anche solo linguistico, si pensi per esempio alla difficoltà con cui parole come “sindaca” vengono accolte), spesso succede che le donne perdano fiducia in sé stesse e non mirano a raggiungere vette più alte.

Infine, ma non meno importante, è il pension gap (divario nelle pensioni). Molto intuitivamente le donne ricevono in media delle rendite pensionistiche inferiori a quelle degli uomini. Basti pensare che nel 2021 l’importo medio della rendita delle donne in Svizzera ammontava a 35’442 franchi, mentre quella degli uomini a 52’735 franchi. Malgrado ciò nel 2024 entrerà in vigore la riforma AVS 21, che aumenta l’età di pensionamento delle donne, e malgrado ciò il Consiglio federale ha appena adottato una riforma, che propone di abolire la pensione AVS per le vedove con figli di età superiore ai 25 anni.

Va sottolineato tuttavia che il destino rimane nelle nostre mani. Nel 2024 voteremo sull’iniziativa popolare federale per la tredicesima AVS, lanciata dai sindacati, che va assolutamente sostenuta. E grazie al referendum sindacale voteremo pure sulla riforma della previdenza professionale obbligatoria (LPP 21), che va assolutamente affossata: seppure venduta come riforma volta a migliorare la situazione delle donne, la LPP 21 riduce il tasso di conversione minimo dal 6,8% al 6%, comportando una riduzione del 12% delle pensioni.

Il lavoro e il riconoscimento del premio Nobel Claudia Goldin sono positivi, soprattutto se serviranno a dare una spinta maggiore a colmare tutti quei divari che ancora ci circondano. Nel frattempo, mind the gap.