In questi anni, in particolare nel periodo Covid e post Covid, abbiamo assistito ad un forte peggioramento delle condizioni di lavoro in diversi istituti sanitari e sociosanitari. Faccio solo pochi esempi: la diminuzione progressiva del personale, una burocrazia eccessiva, le mancate sostituzioni del personale, il degrado del clima di lavoro. E vogliamo parlare della decantata flessibilità, che impone a un infermiere di “sposarsi” con il proprio lavoro 24 ore su 24 ore, annullando di fatto la propria vita privata? Per non parlare dei salari, che -come in quasi tutti i settori a dire il vero- hanno perso potere d’acquisto a causa degli aumenti spropositati dei premi cassa malati.
Le infermiere e gli infermieri sono diventati delle “macchine” di produzione da spremere fino al collasso per poi pagarne le conseguenze, ossia l’abbandono precoce della professione. Visto che giornalmente parlo con le lavoratrici e i lavoratori della sanità, ritengo che l’esplosione di infermiere/i indipendenti sia dovuta alle condizioni del lavoro dipendente, che sono diventate insostenibili o comunque meno interessanti della professione indipendente. Bisogna tornare a fidelizzare il personale delle istituzioni sanitarie e sociosanitarie: bisogna metterlo in condizione di lavorare bene, in un clima positivo di lavoro e con dei ritmi “cristiani”, che permettano la conciliazione tra famiglia e lavoro. Altrimenti il numero delle/degli infermiere/i indipendenti continuerà a crescere.