Il COVID-19 ha causato dei danni incommensurabili e non solo a livello fisico. Il benessere dei pazienti passa anche attraverso il nostro benessere. Anche per un principio di economicità la politica esige che si mantenga il più possibile e il più a lungo possibile i pazienti a casa: per questo versa dei sussidi ai servizi d’assistenza e cura a domicilio e versa alle persone dei contributi per il mantenimento a domicilio.
Ma noi operatrici ed operatori dove siamo collocati?
- Il nostro salario è fermo a 20 anni fa. Da uno studio i salari del personale sociosanitario in Svizzera tenendo conto del costo della vita paragonato a Stati esteri risulta che la Svizzera si colloca al terz’ultimo posto davanti a paesi come Lituania e Lettonia. Davanti a noi paesi quali Cile, Messico, Belgio, Israele.
- La stragrande maggioranza del personale è femminile e lavora a tempo parziale. Una parte di loro nelle cure a domicilio lavora su chiamata, senza la garanzia dello stipendio fisso mensile.
- I casi di cui ci occupiamo sono sempre più complessi e ci viene chiesta sempre più flessibilità. Tante e tanti sono allo stremo: non siamo né superdonne né superuomini ma solo persone, vicini di casa, amici, conoscenti, figli, nipoti, genitori e nonni che hanno voluto dedicarsi ad una professione che fa dell’accoglienza e l’accudimento la sua prerogativa.
Diamo tutto e spesso andiamo oltre e non ci bastano più i complimenti gli apprezzamenti. Mobilitiamoci sabato 29 maggio a Bellinzona per rivendicare migliori condizioni di lavoro. L’unione fa la forza!